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4/3/2021

Virtual reality: una frontiera sicura per l’intervento sulla fobia dei cani

L’apprendimento della paura, secondo l’approccio comportamentista, può avvenire per condizionamento diretto, a seguito di una situazione negativa vissuta in prima persona, o per condizionamento vicario, per aver assistito cioè ad un’esperienza negativa vissuta da altri. La letteratura parla in questo caso di meccanismo di fear conditioning, in riferimento all’acquisizione di una fobia, e di fear extinction, riguardo all’estinzione della stessa. Nella vita di tutti i giorni, una persona fobica mette in atto e organizza la propria quotidianità nell’ottica di evitare ad ogni costo l’oggetto fobico.

La reazione emotiva di terrore e panico è automatica e appresa, ed è sempre immediata alla vista dell’oggetto fobico.  Una qualunque analisi contestuale e situazionale dei rischi e dei pericoli effettivi è impossibile per chi soffre di una fobia. Ad esempio, un cane può inseguire o correre incontro ad una persona per aggredire o per giocare. Il comportamento del cane, la posizione di orecchie, coda, e il tipo di verso sono indicatori sufficienti per capire se le intenzioni del cane siano benevole o meno. La persona che però ha la fobia dei cani, non ha il tempo di osservare questi elementi, perché non ha controllo sulla manifestazione della paura.

Fra le varie fobie, quella dei cani è più comune di quanto si pensi e nella maggior parte dei casi si sviluppa nell’infanzia. Rientra nel quadro delle fobie specifiche, ovvero i sintomi di ansia e di panico si manifestano solo alla presenza dell’oggetto della paura. Secondo il DSM 5 (Manuale Diagnostico E Statistico Dei Disturbi Mentali), la reazione di paura alla presenza di un cane è smisurata rispetto alla presenza oggettiva di un pericolo, ed è fuori dal controllo volontario. Le strategie di coping adottate in questi casi per affrontare una fobia, sono la fuga - nell’immediato - e in generale l’evitamento delle situazioni nelle quali possa presentarsi un cane. Nella vita di tutti i giorni, quindi, la persona con una fobia per i cani tende ad organizzare e condizionare la propria vita con l’obiettivo di evitare il più possibile l’esposizione all’animale  temuto.

La paura, però, così come viene appresa, può essere “disappresa” cioè estinta; ad esempio esponendosi alla fonte della paura un numero sufficiente di volte, e imparando a mettere in pratica tecniche di rilassamento e sovrascrivendo lo script comportamentale di agitazione, fuga ed evitamento, tipico nella fobia (desensibilizzazione sistematica). 

Questo può avvenire in contesti sicuri e con la guida di un terapeuta, come avviene nel paradigma dell’esposizione al rischio. Queste terapie, nella loro accezione tradizionale, prevedono diverse fasi e gradi di esposizione. Inizialmente vengono insegnate le tecniche di rilassamento muscolare o meditazione. Nel frattempo, si conosce il paziente e si individuano le varie situazioni temute e oggetto di evitamento, in modo da affrontarle gradualmente. Le esposizioni possono avvenire in vivo, oppure rievocando immagini e scenari mentali in cui si manifesta la fobia. Una soluzione tecnologicamente innovativa risiede nell’uso della virtual reality (VR). Grazie alla VR è possibile intervenire sui pazienti a prescindere dalla severità dei sintomi.

La terapia dell’esposizione al rischio è riconosciuta ed efficace, ed è stata anche osservata una maggiore attività cerebrale nella regione prefrontale ventro-mediale della corteccia cerebrale durante l’esposizione a situazioni di rischio, che indica che nuove associazioni sono consolidate ed archiviate nella memoria, con una minor attività dell’amigdala, legata alla rappresentazione della paura. Questo pattern di attività cerebrale descrive bene il processo di fear extinction.  Nel caso della fobia dei cani, l’efficacia della terapia di esposizione è di circa il 75%.

Nella pratica, il terapeuta ha il controllo sulle possibili variabili che possono far aumentare e decrescere la paura. Nel caso della fobia dei cani, il terapeuta può decidere se e quanto far abbaiare il cane, può deciderne la razza e la dimensione e anche far sì che sia legato al guinzaglio o meno.

Inoltre, Il controllo e la prevedibilità dei fenomeni negli ambienti virtuali facilita il lavoro terapeutico perché permette di ricreare con più facilità – e quindi intensificare l’intervento - nelle situazioni che risultano essere più critiche e nelle situazioni che creano più ansia e nelle quali è più difficile controllare la paura. Allo stesso tempo si può garantire il senso di autoefficacia del paziente, mantenendo un livello di motivazione sufficiente ad impegnarsi con costanza fino alla conclusione della terapia.

Sempre più ricerche stanno dimostrano come gli effetti tra la terapia tradizionale e quella con la realtà virtuale siano analoghi e comparabili. Inoltre, come illustrato da Riva e colleghi, quando siamo immersi in un ambiente virtuale, manteniamo l’immagine che abbiamo del nostro corpo nello spazio. Il nostro corpo è quasi ingannato dalla VR, poiché gli schemi motori e comportamentali che vengono messi in atto sono i medesimi che vengono applicati nella realtà. I cambiamenti e gli apprendimenti avvenuti grazie alla realtà virtuale sono trasferiti e generalizzati perché si interviene modificando anche schemi motori (palpitazione, tensione muscolare) e la rappresentazione del nostro corpo nello spazio.

Infine, grazie all’implementazione sensoriale, è possibile integrare stimoli multisensoriali e usare, oltre a vista e udito, anche informazioni tattili nell’esplorare gli ambienti virtuali. Avvalendosi di tutti i sensi durante le esperienze negli ambienti virtuali, la distanza tra il modo fisico e quello virtuale potrà ridursi ancora, e gli interventi saranno più efficaci.

 

 Riferimenti

Ball, T. M., Knapp, S. E., Paulus, M. P., & Stein, M. B. (2017). Brain activation during fear extinction predicts exposure success. Depression & Anxiety (1091-4269), 34(3), 257–266. https://doi.org/10.1002/da.22583

Carlin, A. S., Hoffman, H. G., & Weghorst, S. (1997). Virtual reality and tactile augmentation in the treatment of spider phobia: A case report. Behaviour Research and Therapy, 35(2), 153–158. https://doi.org/10.1016/S0005-7967(96)00085-X

Hoffmann, W. A., & Human, L. H. (2003). Experiences, characteristics and treatment of women suffering from dog phobia. Anthrozoös, 16(1), 28-42.

Riva, G., Wiederhold, B. K., & Mantovani, F. (2018). Neuroscience of Virtual Reality: From Virtual Exposure to Embodied Medicine. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 22(1), 82–96. https://doi.org/10.1089/cyber.2017.29099.gri

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